Violenza sulle donne: serve un’operazione culturale

Gli episodi di violenza maschile contro le donne si ripetono giorno dopo giorno. Stupri e femminicidi hanno ormai raggiunto numeri impressionanti.

In Italia, ogni tre giorni, una donna viene uccisa. Lo scorso anno le vittime sono state 120, ammazzate da un marito, fidanzato o convivente, da chi con la vittima ha un legame sentimentale o sessuale.

Quanto agli stupri, si calcola – e parliamo di quelli denunciati, perché in molti casi la vittima non denuncia il suo aggressore, soprattutto se si tratta di un familiare –  siano quasi 11 al giorno.

Circa 7 milioni di donne hanno vissuto una qualche forma di violenza nella loro vita, dallo stalking all’insulto verbale, fino alla violenza sessuale vera e propria subita, secondo l’Istat, da un milione e 157mila donne. Spesso un tentativo di cancellarne l’identità, di minarne profondamente l’indipendenza e la libertà di scelta.  Secondo i ricercatori, i numeri reali sarebbero molto maggiori, con una parte considerevole di “sommerso”.

Molto scalpore hanno suscitato le violenze di questi giorni a Rimini, per la brutalità con cui sono state commesse ma soprattutto per i presunti autori. I colpevoli, già arrestati, sarebbero tutti di origine straniera.  Questo ha immediatamente dato adito alle più vili strumentalizzazioni, per cui il problema principale non è più  il reato commesso ai danni di una donna ma la nazionalità di chi l’ha commesso. Questa è diventata la “notizia”, tanto da meritarsi l’apertura di tutti i Tg e i titoli di prima pagina di molti quotidiani. La realtà è che a usare violenza sono soprattutto italiani, e a subirla sono anche donne straniere: lo ripetiamo per chi, anche su episodi così dolorosi, vuole fare della speculazione politica.

C’è bisogno di una grande operazione culturale, che convinca gli uomini, ma anche molte donne, che lo stereotipo della loro debolezza congenita e del dominio maschile deve saltare. Molte, che questo modello culturale hanno rifiutato, hanno pagato un prezzo troppo alto. Ma insieme, come è successo con le manifestazioni mondiali dello scorso 8 marzo, un mondo nuovo e migliore possiamo davvero costruirlo.

Fonte: sociale.corriere.it

  • Aggiornato il 7 Settembre 2017