Donne uscite dalla violenza: una testimonianza

Uscire dalla violenza, per una donna, è possibile anche grazie all’importante lavoro delle reti antiviolenza. Fondamentale, in questo senso, è la sistematizzazione di azioni complementari tra loro che garantiscano il necessario sostegno alle donne e ai/lle minori sopravvissuti/e, attraverso interventi di supporto psicologico, legale, sociale e lavorativo, implementati secondo un criterio di empowerment e nel rispetto del principio di autodeterminazione, che vede la donna al centro di ogni decisione che la riguardi, protagonista della propria storia.

VIOLENZA SULLE DONNE, IL FENOMENO

La violenza contro le donne è una delle più gravi violazioni dei diritti umani. È un fenomeno strutturale complesso e multifattoriale al cui interno sono ravvisabili aspetti sociali, culturali, politici e relazionali che sono tra loro interdipendenti. 

Come definito dall’articolo 3 della Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del Consiglio d’Europa (c.d. Convenzione di Istanbul), l’espressione “violenza nei confronti delle donne” designa tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata.

ALCUNE STATISTICHE SULLA VIOLENZA

Date le sue radici sociali e culturali, il fenomeno risulta trasversale ad aree geografiche e condizioni socio-economiche delle vittime e degli autori. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che la percentuale di donne vittime di violenza fisica e/o sessuale da partner arrivi al 35% (“Ad Ali Spiegate“), mentre la stima rilevata dall’ultima indagine Istat indica per l’Italia una percentuale pari al 31,5% (“Abbattiamo il muro del silenzio”).

In sostanza, sia a livello globale che in Italia, una donna su tre ha subito una forma di violenza almeno una volta nella vita. Non solo violenza fisica, ma anche svalutazione, controllo, isolamento ed intimidazione, nonché privazione o limitazione dell’accesso a risorse economiche, sono tra i comportamenti che gli autori di violenza agiscono nei confronti delle donne. 

USCIRE DALLA VIOLENZA, LA TESTIMONIANZA DI A.

Ho subito violenza come tante altre donne che la subiscono, a volte per sempre.

Io sono sempre stata una persona piuttosto autonoma, già dai 15 anni facevo le mie cose, quindi ritrovarmi in una condizione di controllo e segregazione è stato uno shock per me, non riuscivo a credere a ciò che mi stava accadendo.

Quando sono arrivata in Italia all’inizio è andato tutto bene con mio marito. Dopo 6 mesi lui è cambiato e la mia vita è diventata un incubo. La violenza è iniziata piano piano. Ho sperato a lungo che lui cambiasse. Dopo alcuni anni non ce la facevo proprio più, ma dicevo a me stessa che se me ne fossi andata non sarei riuscita a sopravvivere, avevo paura perché non sapevo l’italiano, avevo un bambino piccolo, non sapevo che fuori potevo trovare aiuto, ero in un paese di cui non conoscevo niente. Sapevo solo che c’erano i Servizi Sociali che prendono i bambini, perché sia lui che sua madre mi dicevano che se andavo a denunciarlo quando mi picchiava i Servizi Sociali mi avrebbero portato via mio figlio. Io senza il mio bambino non posso stare, immaginavo che se mi avessero preso il bambino sarei morta.  

Alla fine è arrivato il momento in cui non ce l’ho fatta più e sono andata a chiedere aiuto anche se avevo tanta tanta paura. Sentivo come se qualcuno mi stesse spezzando il cuore e non dormivo la notte. Ma sono andata lo stesso. 

È arrivato il momento in cui ho detto basta. Anche se stavo male e avevo il terrore che mi prendessero mio figlio, ho detto a me stessa «Io da questa situazione devo uscire!».

Sono scappata di casa senza niente, nemmeno il pannolino del bambino, e sono andata al Centro Antiviolenza a chiedere aiuto, accompagnata da una conoscente che mi aveva parlato di questo posto. Ricordo che sono entrata e non capivo niente, piangevo tutto il tempo e pensavo che non ce l’avrei mai fatta ad alzarmi in piedi da sola con un bambino piccolo, in un paese di cui non sapevo proprio niente.

Sono state carine, non dimenticherò mai il loro aiuto in tutta la mia vita; mi hanno tranquillizzata sul fatto che i Servizi sociali non avrebbero portato via il bambino. Io però non mi sono fidata tanto all’inizio, perché non conoscevo nulla e aspettavo in ansia l’arrivo dei servizi sociali che avrebbero preso mio figlio, me lo avrebbero tolto, portato via! Tutto il pomeriggio sono stata così e piangevo.

Al Cav mi hanno dato vestiti per me e mio figlio e un alloggio sicuro. La prima notte ho pianto tutto il tempo, non riuscivo a respirare, ma guardandomi allo specchio dicevo «non devo piangere, basta, è finito tutto. Ce la faccio!».

Dopo una settimana ho fatto denuncia contro il mio ex marito e lì ho conosciuto l’assistente sociale che è stata molto carina con me. Le ho subito chiesto «ma voi mi prendete mio figlio?» lei mi ha risposto di no, mi ha tranquillizzata. Ho continuato a chiederglielo a lungo, ogni volta che la incontravo. La notte dopo la denuncia ho pianto tutto il tempo, non riuscivo a dormire, né a respirare. Quando ho capito che non avrebbero portato via mio figlio, ho iniziato veramente la mia vita e con il tempo anche il malessere è passato del tutto.

Dopo un po’ di tempo sono andata in un’altra casa rifugio più lontano da dove abitava il mio ex marito. Ho iniziato a studiare per imparare la lingua italiana, mio figlio è stato inserito al nido e da lì non sono mai più caduta.          
In seguito sono entrata in una comunità per iniziare un percorso di autonomia e inserimento lavorativo. Ho iniziato il tirocinio e mi sono sentita col tempo più sicura e autonoma. Era il mio primo lavoro e all’inizio è stato un po’ faticoso, ma con la forza di volontà e il sostegno dell’equipe ho potuto imparare molte cose e stringere nuove amicizie. Di giorno lavoravo e la sera frequentavo la scuola per prendere la licenza media.

Adesso ho finito tutto: il mio ex è stato condannato, ho avuto la separazione e ho ottenuto l’affidamento di mio figlio. Ho preso il diploma di terza media e ho avuto una proposta di contratto presso il luogo in cui ho effettuato il tirocinio. Ora mi sento serena e felice con mio figlio.

Consiglio a tutte le donne che sono maltrattate dagli uomini di chiedere aiuto, non devono vivere nella violenza tutta la vita. L’aiuto là fuori c’è! Noi siamo donne non siamo arrivate in questo mondo per essere maltrattate.” 

IL NOSTRO INTERVENTO A SOSTEGNO DELLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA

Fuoriuscire da una situazione di violenza è possibile. Gli interventi che poniamo in essere sono pensati e strutturati in modo corale, con la collaborazione attiva di tutte le agenzie del territorio impegnate nel contrasto a questo fenomeno

I progetti per i nuclei mamma-bambino/a che incontriamo hanno diversi obiettivi:

  • sostenere le donne nell’elaborazione del loro vissuto e nel riconoscimento del proprio valore;
  • rinforzare le competenze professionali e promuovere il reinserimento sociale attraverso corsi di formazione professionalizzanti e tirocinio lavorativo;
  • accompagnare minori vittime di violenza assistita nel recupero di un’infanzia felice attraverso la partecipazione ad attività psico-educative, ludico-ricreative e formative;
  • sostenere la diade mamma-bambino/a affinché possa ritrovare un rapporto sereno;
  • mettere in rete le diverse agenzie, associazioni di settore e professionisti/e per strutturare una presa in carico integrata e consolidare buone pratiche di cooperazione.

     

  • Aggiornato il 1 Dicembre 2020