Piano Antiviolenza alla stretta finale

Piano Antiviolenza alla stretta finale

Il Piano Anti-violenza è alle battute finali; le aree di intervento sono diverse: prevenzione della violenza in senso stretto, istruzione e informazione, comunicazione, organizzazione dell’ascolto e dell’accoglienza delle donne, valutazione del rischio, formazione degli operatori, codice rosa, reinserimento sociale ed economico delle donne, recupero dell’uomo maltrattante e sistema informativo integrato. Ma la novità più importante è che il finanziamento dei centri antiviolenza sarà permanente, 10 milioni all’anno.

Chiusura “vicina” per il Piano nazionale antiviolenza, previsto dal decreto Femminicidio approvato dal Parlamento ad ottobre. Sette gruppi tecnici di lavoro, un tavolo a cui siedono praticamente tutti i ministeri, coordinato da Maria Cecilia Guerra, viceministra alle Pari opportunità. 10 milioni in 4 anni il finanziamento, (compreso il 2013).

Quanto manca alla chiusura?

La chiusura è molto vicina, due settimane “per comporre il mosaico” del lavoro dei diversi gruppi, due mesi per l’approvazione, con un passaggio in Conferenza unificata. Ma sono rilassata, avere completato l’iter è meno importante che averlo avviato, mentre lo scriviamo il Piano lo stiamo già sperimentando. Per andare a regime ci vorrà del tempo. Le aree di intervento sono diverse: prevenzione della violenza in senso stretto, istruzione e informazione (che coinvolge la rete della scuola dalla materna all’università), comunicazione, organizzazione dell’ascolto e dell’accoglienza delle donne, valutazione del rischio, formazione degli operatori, il codice rosa cioè la capacità di creare una filiera di intervento dal pronto soccorso ai servizi sociali, reinserimento sociale ed economico delle donne, recupero dell’uomo maltrattante e il sistema informativo integrato ovvero i dati.

Il Codice rosa di Grosseto, una delle esperienze di intervento più rodate che lei ha visitato a dicembre, sarà esteso a livello nazionale?

Il Codice rosa è un modello di relazione fra forze dell’ordine, pronto soccorsi e procure per avere una presa in carico unitaria di una donna che si presenti avendo subito violenza. C’è una formazione specifica che a Grosseto hanno sviluppato ma ci sono anche altre esperienze sul territorio organizzate diversamente. Noi non imporremo un’unica modalità, prendiamo gli elementi comuni per proporre protocolli di integrazione. Ciascuna amministrazione farà propri programmi di formazione. Poi abbiamo l’importante passaggio della valutazione del rischio ovvero la raccolta di informazioni dalle forze dell’ordine al sistema sanitario, ai servizi sociali, per capire quanto la violenza è episodica o meno. Si tratta di un questionario di valutazione che è già pronto, la scommessa è farlo applicare in modo omogeneo sul territorio.

Finanziamento dei centri antiviolenza, il Piano punta a creare una rete più strutturata, sarà davvero così?

Le regioni hanno completato la ricognizione dei centri, su questi dati possiamo definire i criteri di riparto dei fondi. Il finanziamento sarà collegato al rispetto di standard qualitativi. Su questo l’interlocuzione è ancora aperta, ai tavoli tecnici è presente la rete Dire. Poi il discorso anche qui è con le regioni. E’ la prima volta, con il decreto femminicidio, che i soldi vengono distribuiti dalle regioni, fino ad ora era il dipartimento pari opportunità a farlo sulla base di bandi e progetti, un finanziamento che ha carattere di discrezionalità. Inoltre, d’ora in poi il finanziamento sarà permanente, 10 milioni all’anno che non rientrano nei soldi stanziati per il Piano, sono in più.

Infine i dati, avremo una banca dati pubblica e aggiornata?

Sicuramente i dati saranno pubblici. Oggi i dati sono rilevati, ma bisogna far parlare le diverse banche dati, carabinieri, polizia, procure. Rilevare i dati sulla violenza non è banale perché è un dato nascosto, le donne tendono a non parlarne. Il dipartimento nel 2012 ha finanziato una nuova indagine Istat sulla violenza (dopo quella del 2007) che darà i risultati spero quest’anno. Sapremo non solo il dato sugli atti di violenza, ma le motivazioni, le reazioni delle donne. I dati del 2007 sono molto interessanti, ci hanno detto che in pochi casi le denunce venivano fatte, le donne di questo ancora non parlano.

Fonte: La Stampa 7.02.14

@laurapreite