L’importanza di essere donna

La Presidente della RAI  Annamaria Tarantola interviene al  Convegno “Donna è”  analizzando la situazione attuale in merito alla parità di genere, esprime la consapevolezza del valore economico, sociale, politico e culturale dell’uguaglianza di genere in tutti i campi, dei passi ancora da fare per il perseguimento di una parità sostanziale, della necessità di svegliare le coscienze delle giovani generazioni che si sono un po’ “assopite” in quanto considerano le tappe raggiunte, il massimo che si possa conseguire.

<<Questo convegno nasce dalla consapevolezza del valore economico, sociale, politico e culturale dell’uguaglianza di genere in tutti i campi, dei passi ancora da fare per il perseguimento di una parità sostanziale, della necessità di svegliare le coscienze delle giovani generazioni che si sono un po’ “assopite” e considerano le tappe raggiunte il massimo che si possa conseguire. Nasce anche dalla considerazione di come la scarsa presenza e le modalità di rappresentazione della donna sui media possano veicolare messaggi distorti e non agevolare l’affermazione di una diffusa cultura di genere.

Il convegno vuole così essere un’occasione di analisi franca e aperta della situazione attuale, ma soprattutto del perché sia necessario perseguire un reale equilibrio di genere, di cosa fare e quale ruolo possono e debbono svolgere le istituzioni e i media.

Lo scopo fondamentale è quello di accrescere e diffondere la conoscenza sulle potenzialità delle donne, sui vincoli che ancora frenano il loro pieno sviluppo, sui limiti all’accesso al mondo del lavoro e alle posizioni di vertice, sul tema generale dell’empowerment. Il punto di partenza: benefici per tutti. Il punto di partenza non può che essere quello economico e soprattutto la considerazione – mai sufficientemente affermata e analizzata – che il disequilibrio è un costo e che il perseguimento di una parità sostanziale in tutti gli ambiti e a tutti i livelli non è un lusso, ma una necessità per migliorare le condizioni di vita, il benessere e lo sviluppo di tutti noi.

Studi dell’ Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), della Banca d’Italia, del Censis, tra gli altri, hanno mostrato come una maggiore presenza femminile nel mondo del lavoro, della politica, delle istituzioni abbia molteplici effetti positivi. Il reddito delle donne contribuisce al benessere familiare, riduce la povertà, aumenta la massa fiscale e previdenziale e la domanda di beni e di servizi, attiva un circolo virtuoso che genera occupazione e quindi ulteriore crescita economica.

Investire sulle donne ha un effetto positivo anche sulla salute e sulla nutrizione, sullo sviluppo cognitivo dei figli e quindi sul capitale umano e sociale. Le donne possono costituire una leva importante per la ripresa del nostro Paese. Anche la politica può trarre vantaggio da una maggiore presenza femminile, perché, come alcuni studi evidenziano, le donne ottengono buoni risultati come amministratrici della cosa pubblica.

A livello d’impresa, la globalizzazione dei mercati impone sempre di più un utilizzo pieno di tutte le risorse competenti disponibili e alcune caratteristiche più tipicamente femminili – la minore aggressività, l’intuizione, la concretezza, la prudenza, l’adattabilità, la capacità di svolgere più lavori, di mediare, di accogliere, di ascoltare e di comunicare, di relazionarsi e di attivare il gioco di squadra – sono divenute fattori di vantaggio competitivo, riconosciute e apprezzate dalle imprese innovative e lungimiranti che operano in contesti sempre più dinamici, flessibili e incerti.

Cogliere l’opportunità di avvalersi in modo equilibrato ed efficiente delle competenze, delle attitudini e delle modalità di lavoro di uomini e donne vuol dire rispondere efficacemente alla ricerca di qualità, indispensabile per superare l’attuale situazione di crisi.

Un esempio per tutti, che mi ha colpito particolarmente: il comportamento “virtuoso” del gruppo di donne – senatrici democratiche e repubblicane guidate da Susan Collins – che nel 2013 sono riuscite ad attuare con “uno sforzo collegiale” un lavoro di mediazione che ha portato all’accordo sul debito, per mettere la parola “fine”, dopo 16 giorni di parziale shutdown, al rischio default nell’America di Barack Obama. L’animosità politica ha trovato, grazie a loro, una via differente, ispirata al pragmatismo e al buon senso.

In una prospettiva più ampia, il confronto paritario tra generi non comporta una deminutio capitis, anzi è proprio la promozione della parità nella diversità, la valorizzazione delle peculiarità di genere che produce risultati positivi per tutti. È questo un aspetto che mi sta particolarmente a cuore, perché la valorizzazione delle diversità, non solo di genere, è garanzia di democrazia e di libertà. L’unione nella diversità è un valore – insieme con la legalità e la dignità – da difendere. Ma dove ci collochiamo oggi?

Oggi, molte sono le tappe raggiunte sul sentiero del riequilibrio, soprattutto sul fronte dell’acquisizione dei diritti, ma il percorso non è ancora terminato e le differenze nella velocità e intensità dei progressi permangono elevate, alcune questioni di fondo restano ancora attuali e irrisolte. Vi sono aree del mondo in cui si negano alle donne i diritti elementari: in Arabia Saudita viene loro impedito, tra l’altro, di guidare l’automobile, un enorme deterrente rispetto alle possibilità di accesso all’istruzione, alle cure mediche e alle prospettive di una carriera lavorativa.

La violenza a danno delle donne è diffusa e persistente. Si tratta di un fenomeno strutturale, cui sono associati elevati costi, anche economici, e che è il riflesso di fattori culturali, di pregiudizi valoriali non favorevoli alla presenza delle donne nell’economia e nella società oltre che espressione dei divari di genere nel mondo del lavoro e nei ruoli interni alla famiglia. Nella fase attuale di grandi e rapidi cambiamenti, la violenza può anche essere una risposta all’incapacità di cambiare, di adattarsi a nuovi ruoli.

La crisi economica può avere accentuato questa difficoltà. In Italia, nonostante gli indubbi progressi, significativi sono i divari da superare: il tasso di occupazione femminile è nettamente inferiore a quello maschile, soprattutto nel mezzogiorno, e lontano dall’obiettivo di Lisbona; le donne sono sovrarappresentate nelle posizioni lavorative meno remunerate e con minore contenuto professionale. Il glass ceiling non è stato ancora infranto, nonostante si convenga che una maggiore diversity ai vertici delle imprese ne migliori i risultati economici e le loro strategie di lungo periodo. Stereotipi e cultura restano difficili da vincere. Abbiamo oggi un Governo formato per metà da Ministri donne, ma i commenti del giorno dopo sulla squadra di governo erano sui curricula per gli uomini, sulla mise per le donne! Quali sono le radici dei persistenti divari?

La sottorappresentazione nel mercato del lavoro, nelle istituzioni, nelle posizioni apicali delle imprese, che persiste nonostante l’introduzione delle cosiddette quote di genere, è il portato di lacune culturali e di barriere anche organizzative. Il fattore tempo è uno di questi ostacoli: i talenti delle donne sono troppo spesso mortificati dalle difficoltà di conciliare famiglia e lavoro. I cosiddetti “work-family conflicts”, le situazioni di disagio o di pressione che la donna subisce nel tentativo di conciliare più ruoli, costituiscono ancora dei veri e propri sbarramenti. La lavoratrice-moglie-madre-figlia spesso si sostituisce a un welfare carente a discapito della qualità della propria vita, sacrificando il tempo libero, a detrimento delle attività relazionali e della crescita individuale. L’“affanno nel far tutto al meglio” comporta l’abbandono della carriera intrapresa o un frustrante dilemma nell’impiego delle energie. Perdita della serenità nell’esprimere le proprie potenzialità o, in caso di rinuncia, uno svantaggio economico del nucleo familiare sono le ovvie conseguenze.

Per valorizzare le risorse femminili, vanno resi ancora più flessibili tempi e luoghi di lavoro (part-time, telelavoro, banche delle ore), servizi offerti (asili nido) e forme di sostegno finanziario. La tecnologia oggi ci aiuta. Naturalmente le imprese devono investire ma si tratta di investimenti ad alta resa con impatti positivi: la conservazione dei talenti, la diminuzione dell’assenteismo, il clima più disteso, migliori capacità, crescita in produttività. Ma solo se questi strumenti vengono ugualmente impiegati da uomini e donne il beneficio è ampio per tutti, assicurando e stimolando, tra l’altro, la condivisione del ruolo genitoriale.

Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una questione culturale, di educazione, di evoluzione sociologica dei ruoli. Un altro ostacolo fondamentale è rappresentato dalla presenza di stereotipi particolarmente radicati nel nostro Paese. Le donne sono ritenute poco credibili, poco pronte nel prendere decisioni, emotive, poco resistenti, senza attitudine al comando, non portate per gli affari e per la tecnica, poco propense alla competizione, più preparate degli uomini, ma meno affidabili.

Gli stereotipi possono essere all’origine di un fenomeno spesso non percepito e pertanto difficile da combattere: la cosiddetta “discriminazione implicita”, non voluta, che è però alla base di scelte a sfavore delle donne. Gli stereotipi escludono e alimentano l’autoesclusione, costituiscono una barriera sottile, quasi trasparente, ma tanto forte da impedire la crescita verso livelli manageriali elevati. Vanno quindi combattuti sul piano culturale, sociologico e psicologico per raggiungere un’equità reale, sia orizzontale (pari trattamento delle risorse che possiedono pari capacità), sia verticale (trattamento differenziato in funzione di capacità diverse), che prescinda dal genere.

Cosa fare oggi? Un primo importante passo per il riequilibrio, ed è la base di questi due giorni di convegno, è quello di trovare nelle nostre esperienze di donne quanto ci sia di condivisibile e utile, e diffondere informazioni con rinnovato e fattivo spirito di collaborazione, per alimentare la consapevolezza che le donne sono una risorsa preziosa per il Paese; lo sono e come tali vanno utilizzate e valorizzate. È poi necessario aiutare soprattutto le giovani donne a credere in se stesse, a investire nelle proprie capacità e a sviluppare le proprie potenzialità, senza replicare i modelli di comportamento maschile. È dall’insieme delle diversità che si crea efficienza, non dall’omologazione, né dalla prevaricazione di un modello sull’altro.

E infine, ma non ultimo, è importante promuovere l’adozione di un complessivo e articolato piano di azione a livello nazionale che veda coinvolti politica, istituzioni, famiglie, scuola e media; un programma evolutivo e condiviso, volto all’affermazione di una equità reale. In questo progetto un ruolo fondamentale compete alla scuola, all’università e alle istituzioni preposte alla diffusione della cultura.

Sarebbe bello che le scuole presentino figure femminili che hanno fatto la storia, che i curricula sappiano accompagnare i giovani nell’importante processo formativo avendo presente l’equilibrio di genere e la consapevolezza che l’evoluzione dell’essere umano è il portato dell’azione congiunta di donne e di uomini. Questo processo evolutivo è necessario per radicare sin da giovani il rispetto delle donne, del loro ruolo e della loro dignità, per incidere sulla violenza di genere, per ampliare la loro presenza nel mondo del lavoro. Anche per questa via riusciremo ad assicurare alle generazioni future migliori prospettive di vita.

La RAI… La RAI, in quanto Servizio pubblico ha la responsabilità, in linea con la sua missione di interesse generale, di proporre modelli, messaggi, opinioni e visioni che possano “contaminare” positivamente l’immaginario collettivo. La RAI può contribuire al progresso culturale del Paese e all’affermazione dell’equilibrio di genere. Può e deve farlo su più piani: quello aziendale, assicurando alle donne di potersi esprimere accedendo in misura crescente ai processi decisionali; quello editoriale, realizzando una offerta complessiva che garantisca il rispetto della dignità umana, delle minoranze, della figura femminile in tutti i suoi aspetti attraverso una rappresentazione dignitosa, reale, non stereotipata né discriminatoria che rifletta la molteplicità dei ruoli che la donna svolge nella vita sociale, culturale, economia e politica del Paese.

E ancora, favorendo una maggiore presenza delle donne all’interno dei programmi d’informazione e di intrattenimento; fornendo strumenti di conoscenza volti a prevenire e contrastare la violenza sulle donne, evitando, in particolare l’uso di immagini e contenuti discriminatori e che possano contribuire alla violenza di genere. Stiamo lavorando sui linguaggi e sulla promozione di una varietà di figure femminili puntando soprattutto sulle protagoniste delle nuove fiction, tutte dotate di grande personalità, di quotidiana umanità e portatrici di valori etici.

Queste nostre azioni stanno dando alcuni risultati, come emerge dal monitoraggio che, in ottemperanza a quanto previsto dal Contratto di Servizio 2010-2012 ancora in vigore, abbiamo avviato per verificare il rispetto delle pari opportunità tra uomini e donne in video e analizzare quanto l’immagine femminile veicolata dalle trasmissioni Rai corrisponda a una rappresentazione reale. I risultati mostrano luci e ombre. Ampia è la presenza di donne tra i professionisti interni (conduttori, giornalisti, inviati, corrispondenti, ecc.) e questo è un risultato importante che evidenzia l’orientamento aziendale alle pari opportunità.

Emerge anche una tendenza al bilanciamento di genere nei programmi di intrattenimento con riferimento sia alle celebrità (attori, cantanti, comici, musicisti e altri artisti) che alle persone comuni (concorrenti di giochi, quiz e reality show). Un terzo positivo risultato riguarda le fiction da cui emerge una rappresentazione femminile ampia, articolata e vicina alla realtà. Miglioramenti sono invece necessari con riferimento alle persone di cui si parla o che sono intervistate.

Qui la responsabilità della Rai è indiretta, in quanto la situazione riflette sia fattori culturali, che non favoriscono la visibilità delle donne, sia la realtà del paese che vede soprattutto uomini nei ruoli apicali del mondo politico e imprenditoriale. Altro elemento critico è la scarsa presenza di donne esperte. Stiamo cercando di riequilibrare la situazione anche attraverso la predisposizione di un elenco di esperte nelle varie discipline. Infine particolarmente rilevante è la sottorappresentazione delle donne nei programmi di sport. Queste criticità sono oggetto di analisi e di monitoraggio; sulla loro soluzione sono coinvolti tutti i Direttori di rete e di testata perché siamo consapevoli che avere più donne nei vari ruoli è necessario per assicurare una visione più completa dei fenomeni.

La RAI è stata il primo media di Servizio Pubblico in Europa a dare attuazione alla ”Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” del Consiglio d’Europa attraverso l’adozione di una policy di genere. Con la nostra policy di genere abbiamo voluto avviare un percorso virtuoso non solo aumentando il numero di donne in video, ma anche sostituendo l’attuale immagine femminile spesso falsata con una più reale, più vera, più fedele all’universo cui appartiene la donna oggi.

È un tema sul quale è intervenuto anche il Presidente Giorgio Napolitano. Nel novembre 2013, in occasione della IX Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale, ha affermato: «…la dilagante rappresentazione del corpo femminile come bene di consumo rafforza fuorvianti atteggiamenti possessivi nei confronti della donna» e ha auspicato che «… le donne siano rappresentate con sobrietà e dignità nei media, così come si è impegnata a fare la RAI». Migliorare la qualità della rappresentazione è anche un modo per combattere la violenza contro le donne. Ma ovviamente non basta, occorre anche usare linguaggi appropriati e dare rilevanza e dignità alle vittime. Sull’uso ormai comune di chiamare i delitti di madri, fidanzate, mogli, ex, conviventi, amanti, figlie con il neologismo “femminicidi”, concedetemi una breve nota.

Il termine può risultare e risulta poco “simpatico”, quasi spregiativo. Nell’immediatezza della formula che sta ad indicare la violenza fisica e psicologica sulle donne, non c’è mai il tempo di chiarire come il termine sia nato in occasione di una strage di donne in Messico. Da allora “femminicidio” riassume in sé una denuncia civile a livello internazionale. Personalmente, tuttavia, preferirei parlare di “donnicidio”, perché si tratta di donne, di donne uccise e violate. Per concludere tutti i media, non solo la Rai, possono svolgere un ruolo importante, tenendo viva l’attenzione sul tema dell’equilibrio di genere, fornendo le necessarie informazioni, proponendo approfondimenti e forme di intrattenimento, capaci di accrescere la consapevolezza e di suscitare emozione.

Non si tratta di “insegnare”, ma di informare e rappresentare correttamente, proponendo modelli che aiutino la conoscenza e la crescita socio-culturale e favoriscano un ulteriore progresso sul percorso di bilanciamento della rappresentanza delle donne in ogni ambito sociale. Non dobbiamo dimenticare i valori che ci accomunano tutti – uomini e donne, ma anche italiani e non italiani, giovani e anziani – e che sono alla base del vivere civile, del rispetto della dignità di tutti, dell’accoglienza.

Dobbiamo rappresentare questi valori con equilibrio e attenzione, senza banalizzazioni o eccessive semplificazioni, evitando sia il rischio di svalorizzare le idee a favore delle facili emozioni, sia quello ancor più grave di favorire l’assuefazione e la minimizzazione dei fenomeni. Per questo occorre grande equilibrio nell’affrontare il tema di genere, usare senso critico per sottolineare, con metodo e insistenza, la singolare rilevanza della specifica situazione e i vantaggi connessi alla uguaglianza.

Infine un auspicio: che il sistema della comunicazione contemporanea trovi il modo e il coraggio di trasmettere l’idea di coesione, unione e appoggio; il coraggio di dare rilevanza agli aspetti positivi: ai successi e alle mete raggiunte da tante donne competenti, impegnate e significative come esempio da seguire e da ampliare. Raccontare, parlare con dovizia di dettagli di e con le donne affermate nelle scienze, nella politica, nello sport e in tutti i campi dell’attività umana fornisce modelli utilissimi a trasmettere in altre donne spirito di emulazione e a suscitare fiducia e, in tutti, uomini compresi, rispetto e ammirazione.

Raccontare belle storie: ad esempio, il numero davvero molto alto di donne che contribuisce attivamente in ambito universitario e specialistico alla ricerca italiana; del resto l’eccellenza universitaria è in buona parte costituita da donne. Come disse la cantante francese Juliette Gréco a 86 anni: “a un certo punto della mia vita ho concluso che la mia forza era quella di essere una donna”. Ecco perché abbiamo coinvolto in questi due giorni di intenso lavoro tante donne, tante eccellenze. Sono certa che da questo convegno emergeranno importanti indicazioni per la Rai, per tutti e che potremo uscirne arricchiti nella conoscenza>>.

Annamaria Tarantola, Presidente della RAI – 6/03/14

 

  • Aggiornato il 13 Marzo 2014