Volontariato in un Centro Antiviolenza

Volontariato in un Centro Antiviolenza

dervisci rotanti<<Mi ero appena laureata in psicologia, ero piena di grandi speranze e avevo tanta voglia di sperimentarmi e imparare. Non avevo mai sentito parlare di Centri antiviolenza e avevo un’idea errata della violenza sulle donne. Il pensiero di fare esperienza in un Centro antiviolenza mi allettava, ma non avevo altra motivazione se non quella di fare un’esperienza “professionale”>>.

<<Mi chiamo Vita, ho 35 anni e sono socia dell’Associazione Thamaia di Catania. Ho conosciuto l’Associazione circa 9 anni fa grazie ad un incontro fortuito con una operatrice del Centro che, accogliendo il mio desiderio di spendere parte del mio tempo libero in una attività di volontariato, mi propose di farne richiesta all’Associazione di cui lei faceva parte.

Ancora non sapevo che quella giovane donna, collega incontrata casualmente durante una riunione con il mio tutor di tirocinio, sarebbe diventata la mia “maestra”, colei che mi avrebbe insegnato e continua ad insegnarmi tanto, ma soprattutto colei che mi avrebbe trasmesso l’amore per ciò che faccio.

Mi ero appena laureata in psicologia, ero piena di grandi speranze e avevo tanta voglia di sperimentarmi e imparare. Non avevo mai sentito parlare di Centri antiviolenza e avevo un’idea errata della violenza sulle donne. Il pensiero di fare esperienza in un Centro antiviolenza mi allettava, ma non avevo altra motivazione se non quella di fare un’esperienza “professionale”. Accettai, infatti, la proposta, così come avrei potuto accettare quella di fare volontariato in una comunità per tossicodipendenti. Ero mossa solamente dal desiderio di fare un’esperienza e di occupare il tempo libero che mi avanzava dal tirocinio, in un settore in cui avrei potuto approfondire le mie conoscenze e il mio interesse per il sociale.

Era il mese di ottobre del 2006 quando varcai per la prima volta la soglia di quella porta. Ricordo ancora il sorriso e la gentilezza di chi mi accolse. Mi trovavo in un ambiente per me nuovo, ma accogliente e rassicurante. Una piacevole sensazione. Spero che sia la stessa che provano le donne quando arrivano al nostro Centro.

Operatrici, volontarie, tirocinanti, tutte ragazze e giovani donne; tanta energia positiva, occhi pieni di entusiasmo, sorrisi accoglienti e rasserenanti. Ancora non lo sapevo, ma da lì a poco tutte loro sarebbero diventare le mie amiche, le mie sorelle. Scorsi subito la bellezza in ognuna di loro. Quella bellezza che ancora oggi, a distanza di anni, nonostante adesso conosca anche i difetti di ciascuna, continuo a riscontrare e amare in ognuna di loro.

Dopo un primo colloquio conoscitivo con le responsabili, inizio la mia esperienza di volontariato: una giornata a settimana. Rispondo al citofono, faccio le fotocopie, invio fax. Nel frattempo osservo, mi confronto con le operatrici, comincio a documentarmi e a studiare. Iniziano così ad aprirsi tante nuove finestrelle che mi lasciano intravedere un mondo a me sconosciuto.

Scopro che la violenza non è quella cosa terribile che può accadere nel vicolo buio della città, quella mostruosità che si può verificare quando si è poco prudenti o quella aberrazione che può avvenire anche nelle famiglie, ma solo in alcune, solo in quelle multiproblematiche e nei contesti più degradati. Apprendo quasi subito che le donne che si rivolgono al Centro non hanno nulla di diverso rispetto a me: alcune sono giovani come me e hanno alle spalle una famiglia solida come la mia, parecchie hanno una laurea come me e un livello socio culturale anche più elevato del mio.

Questa nuova consapevolezza mi mette di fronte ad una prima e dolorosa verità: se le donne che si rivolgono al Centro antiviolenza sono come me, anche io potrei aver bisogno di un Centro antiviolenza! Tutte le donne potrebbero avere bisogno di un Centro antiviolenza!

Continuo a studiare, a documentarmi e a confrontarmi con le operatrici del Centro, partecipo al corso di formazione. Dopo circa un anno, sapevo tutto quello che a livello teorico e operativo era necessario sapere sul fenomeno della violenza maschile sulle donne. Ne conoscevo le cause, le dinamiche, gli indicatori, le conseguenze. Avevo vinto una prima battaglia! Quella con il luogo comune che mi aveva fatto credere, fino ad allora, che la violenza sulle donne fosse un problema di poche. Ma avevo di fronte una battaglia ancora più grande. Quella con me stessa!

Fino ad allora avevo sempre creduto di essere una donna libera, emancipata e con le stesse opportunità degli uomini! Le lotte per la libertà femminile, il femminismo e le femministe erano cose di altri tempi! Non ne avevamo più bisogno! E invece, giorno dopo giorno, queste mie certezze svanivano davanti ai miei occhi. Le mie salde convinzioni, che fino ad allora mi avevano accompagnata, lentamente sfumavano quando incontravo lo sguardo delle donne che si rivolgevano al Centro, quando ascoltavo le loro storie durante i colloqui di accoglienza, quando mi relazionavo con i Servizi della rete, quando riflettevo sul nostro essere donne con le amiche del Centro e con quelle fuori dal Centro.

Mi rendevo conto che ero impregnata di una cultura patriarcale che mi aveva fatto crescere dentro schemi apparentemente naturali e predefiniti che mai avevo considerato e messo in discussione, ma che invece mi avevano “ingabbiata”. Mi credevo libera, ma non lo ero! Mi credevo donna ma pensavo con la mente di un uomo!

Un percorso personale molto faticoso e a volte doloroso, un percorso che mi ha portato a mettere in discussione me come persona, me come donna, me nelle relazioni interpersonali. Un percorso interiore che ho potuto fare grazie alle mie amiche, alle mie sorelle, alle mie compagne di avventure e di sventure! Un percorso personale che è anche politico! Un percorso personale che è anche professionale! Tante fatiche, alcuni dolori, ma anche tanti entusiasmi, tante gioie, tante soddisfazioni, tantissime risate e parecchi momenti felici! Ma soprattutto un sentire comune che ci fa sentire gruppo e ci rende forti!

E se tanto mi danno le mie “colleghe”, altrettanto importanti nel mio percorso sono state e sono le donne che si rivolgono al Centro e che ho avuto modo di conoscere. Se è vero, come parecchie mi dicono, che io sono stata importante per loro nel percorso di fuoriuscita dalla violenza, loro sono state e sono importantissime per me nel mio percorso di crescita personale e professionale.

Ho iniziato dal citofono e dalle fotocopie, dalla formazione, per poi passare all’accoglienza telefonica e infine a quella presso il Centro. Da parecchi anni mi occupo di formazione e prevenzione nelle scuole e coordino il Centro antiviolenza. Cercavo un luogo dove spendere in maniera utile il mio tempo libero. Ho trovato un “lavoro”, ho trovato delle sorelle, ho trovato delle amiche, ho trovato un gruppo di donne che ogni giorno lottano non solo per i diritti delle donne che si rivolgono al Centro ma per quelli di ogni donna. Ho trovato un luogo di donne per le donne. Ho trovato la mia seconda casa e famiglia.

Non so cosa sarebbe successo se invece di incontrare la mia collega, avessi incontrato la famosa operatrice della struttura per tossicodipendenti. So, però, che sono felice di essere dove sono. Sono felice che le donne, i diritti delle donne e la lotta contro la violenza maschile sulle donne facciano parte della mia quotidianità. Sono felice di essere diventata Donna! Se, infatti, come dice Simone De Beauvoir, donne non si nasce ma si diventa, io lo sono diventata oltre la soglia di quella porta! E che sia stato per caso, oppure no, ne sono felice!>>.

Fonte: Donne In REte contro la violenza