“Ho paura di quello che potrà farmi quando saprà che l’ho denunciato alla polizia. Abita a pochi chilometri da casa mia”. Roberta, 33 anni, formatrice professionista ed esperta di comunicazione, ci ha messo quasi tre mesi a trovare il coraggio di mettere nero su bianco quello che le è successo e presentarsi negli uffici della questura di via Grattoni per denunciare il suo ex fidanzato che, dice, “ha tentato di strangolarmi”.
L’uomo di cui parla Roberta è qualche anno più giovane di lei, è nato in Albania ma vive a Torino da più di dieci anni dove lavora in una casa del quartiere della città. Qui è avvenuta la violenza, l’ultima di una serie raccontate dalla donna nella sua denuncia, la più grave.
“Eravamo soli nella saletta del personale. Lui voleva che me ne andassi e io insistevo per restare. Ad un certo punto mi ha preso il collo. Non son riuscita a reagire. Ho solo iniziato a piangere. Sentivo le sue mani che stringevano e mi sollevavano – racconta la donna – Pensavo mi stesse lasciando andare ma lui mi ha afferrato di nuovo e mi ha sbattuto la testa contro lo stipite della porta del bagno. Ho sentito il rumore della mia testa contro il legno. Pensavo che quella volta mi avrebbe uccisa”. E’ stato in quel momento che Roberta ha detto basta: “Ho capito che dovevo allontanarmi da lui”.
Nelle settimane successive si è rivolta al Centro Antiviolenza del Comune di Torino dove ha trovato sostegno psicologico e legale. Trovare il coraggio di sporgere denuncia è stata una questione ben più complicata. “Ho superato il senso di vergogna e ho sentito il bisogno di raccontare quello che mi era successo perché c’era come un senso di impunità intorno a quel fatto. Tanti dei suoi amici e colleghi cercavano di minimizzare e di convincermi a riconciliarmi con lui. Ho trovato davvero poca solidarietà e ho finito per sentirmi in colpa io che sono la vittima”.
La lite che ha scatenato la furia del suo ex non era diversa da tante altre scoppiate nei mesi precedenti.
“Lui era geloso di me e invidioso dei traguardi che avevo raggiunto nel mio lavoro, nonostante tutto il sostegno che io gli ho sempre dato. Sono convinta che, quasi sempre, gelosia e invidia siano gli elementi che scatenare la violenza degli uomini sulle donne”.
Roberta e il suo fidanzato si sono conosciuti proprio sul lavoro: lui abile con foto e video, lei impegnata in tanti progetti, hanno iniziato una relazione stabile a settembre. “Se ci penso oggi mi accorgo che fin dall’inizio era una relazione fatta di prevaricazione e voglia di dominarmi, ma allora non ne ero consapevole”.
Le violenze sono cominciate qualche mese dopo, a novembre, durante una convivenza più o meno forzata: “Dovevo traslocare ma la casa nuova non era pronta e così mi ero trasferita da lui per un po’. Quella sera ero nervosa perché il giorno dopo avevo un’appuntamento di lavoro importantissimo. E’ stata la prima volta che mi ha stretto la gola con le mani. Ho pensato che fosse stato davvero cattivo da parte sua trattarmi in quel modo alla vigilia di una cosa tanto importante per me”. Roberta ha dato la colpa ad una situazione tesa più in generale e non ha denunciato: “Pensavo che se ero riuscita a superare comunque la prova professionale del giorno successivo, avrei sistemato anche tutto il resto”.
E invece è successo ancora altre due volte. “In mezzo ci sono stati altri episodi di violenza, più psicologica che fisica. Fatti come questo sono il tradimento più brutto che una donna possa vivere”.
La vicenda di
Roberta, su cui ora indaga la Divisione Polizia Anticrimine, non si è chiusa con la denuncia presentata ieri mattina: “Abbiamo seguito dei progetti insieme e mi capita di essere costretta a incontrare il mio ex sul lavoro. Questo rende tutto ancora più difficile insieme alla totale mancanza di condanna che ho incontrato tra le persone che conoscono entrambi nei confronti di quello che è successo. Per me è stato quasi un tradimento sociale”.
Fonte: torino.repubblica.it