Quale futuro per le donne che abbandonano una relazione violenta? È partita la prima indagine nazionale sui modelli di accoglienza dei centri antiviolenza in Italia.Dall’inizio dell’anno in Italia si contano già 57 femminicidi. Gli ultimi dati Istat confermano che la violenza di genere, nelle sue varie manifestazioni, è un fenomeno diffuso e trasversale, che interessa donne di ogni età e classe sociale del nostro paese. Questa situazione impone una riflessione profonda, indirizzata a definire non solo il profilo delle vittime e dei diversi tipi di violenza subita, ma anche le condizioni in cui operano i servizi deputati alla gestione del fenomeno e il tipo di opportunità che questi offrono ai diversi territori. Come la cronaca di questi giorni ci ricorda, troppo spesso, e nonostante abbiano maturato un’esperienza consolidata, i centri antiviolenza si trovano a non poter garantire la continuità dei propri interventi. È il caso del centro “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez” che insieme ad altri centri del comune di Roma si trova adesso a misurarsi con il rischio di chiusura. Sempre più importante, allora, si pone la questione del rilevare le caratteristiche organizzative e operative di questi soggetti al fine di pianificare interventi di policy lungimiranti.
Questo particolare ambito d’indagine, tuttavia, in Italia appare lacunoso. Ad oggi manca una rilevazione sistematica ed estensiva, basata su indicatori omogenei e in quanto tali comparabili, in grado di rilevare i diversi tipi di servizi e i modelli di accoglienza attuati per il supporto delle donne che vivono storie di violenza. Tuttavia, l’assenza di una rilevazione di tipo estensivo non si traduce in una carenza totale di dati sul tema ma, al contrario, nell’esistenza di indagini parziali, condotte da associazioni o da reti di servizi, al fine di avere contezza delle proprie attività. Questa tendenza, riscontrata anche in Svezia e in Austria, è resa nota dalla recente indagine condotta dalla rete internazionale Wave – Women against Violence, i cui risultati sono stati diffusi nel mese di aprile 2016.
L’indagine, destinata a produrre un’istantanea delle banche dati attualmente esistenti in Europa sui diversi servizi di supporto alle donne vittime di violenza – classificati in linee telefoniche, case rifugio e centri antiviolenza senza ospitalità – ha lo scopo di individuare i principali metodi di rilevazione e le relative tipologie di dati esistenti. Nei risultati dell’indagine, il profilo italiano si distingue per l’esistenza di varie iniziative di raccolta dati che danno origine a un patrimonio conoscitivo frammentato, caratterizzato da informazioni parziali, poiché relative alle attività di una classe limitata di soggetti, e al contempo isolate, poiché non integrabili in un data set più ampio, come una banca dati nazionale.
Questa frammentazione delle iniziative di reperimento dei dati, unitamente all’assenza di un coordinamento nazionale in grado di promuoverne l’integrazione e la condivisione, comporta un depotenziamento del patrimonio informativo disponibile e non consente di sviluppare una visione organica e, in quanto tale, realistica dei vari servizi esistenti sul territorio nazionale. Di conseguenza, questa situazione può avere effetti negativi sull’efficacia delle scelte politiche che, non potendo riferirsi a un patrimonio informativo ampio ed esaustivo, rischiano di produrre azioni di portata limitata, sia negli effetti sia nel volume dei potenziali beneficiari.
È sulla base di queste evidenze che è nata l’idea di realizzare la prima indagine nazionale sui modelli di accoglienza dei centri antiviolenza in Italia, che sto attualmente curando come coordinatrice scientifica.
L’indagine in questione ha l’obiettivo di rilevare i principali modelli di accoglienza adottati dai centri antiviolenza operanti nelle diverse regioni italiane, per ricostruire il tipo di opportunità disponibili nei diversi territori per il supporto e l’accompagnamento delle donne e dei loro bambini nel difficile percorso di uscita da una relazione violenta.
Indagare le caratteristiche presentate da questi particolari servizi consente di individuare le reali opportunità che le donne hanno a disposizione e capire quanto è stato fatto, e quanto invece c’è ancora da fare per arginare un fenomeno sociale così rilevante. Destinatari della rilevazione sono i centri antiviolenza, con e senza ospitalità, presenti su tutto il territorio nazionale, mentre sono esclusi dall’indagine, sia i servizi che svolgono un ruolo di primo contatto e orientamento sul territorio – tra cui alcuni sportelli antiviolenza – sia le case rifugio, le cui condizioni di segretezza spesso non ne consentono una precisa individuazione.
All’indagine si è giunti mediante un percorso di studio articolato che, attraverso l’alternanza continua dei metodi (analisi desk e ricerca sul campo) e delle tecniche (interviste a testimoni privilegiati, focus group), ha condotto alla costruzione dello strumento di rilevazione, costituito in questo caso da un questionario strutturato. Quest’ultimo è stato redatto partendo dall’analisi delle principali indagini nazionali realizzate all’estero, in primis in Canada. È stato così possibile sviluppare una riflessione critica che, nel rispetto delle fisiologiche e ineludibili differenze di contesto, ha condotto all’individuazione delle principali aree tematiche da indagare per tracciare un profilo esaustivo dei servizi esistenti.
La griglia tematica è stata poi discussa e rielaborata mediante un percorso di progettazione partecipata, svolto nei mesi di gennaio e febbraio 2016, con la realizzazione di tre focus group cui hanno preso parte le responsabili dei centri antiviolenza del Lazio. Questa metodologia integrata, in cui coesistono approcci di analisi differenti, è stata scelta proprio per ottenere uno strumento di rilevazione agile e, al tempo stesso, adeguato a cogliere le possibili differenze e le relative similarità caratterizzanti i diversi modelli di intervento. Il questionario strutturato è stato poi sottoposto alla valutazione di altre responsabili di centri antiviolenza distribuiti sul territorio nazionale, mediante consultazione via e-mail. Inoltre, è stato avviato un confronto con le referenti del direttivo nazionale dell’associazione D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) le quali hanno contribuito nella fase di perfezionamento del questionario, fornendo spunti di riflessione e stimoli critici utili alla riformulazione di particolari domande e alla puntualizzazione di alcune definizioni adottate.
Al termine della fase di revisione dello strumento di rilevazione, si è giunti alla redazione di un questionario strutturato composto di 63 domande, suddivise in tre diverse sezioni, relative allo studio di particolari aspetti, quali:
1) il modello organizzativo, la struttura di rete e il finanziamento delle attività del centro antiviolenza: in questa sezione sono presenti domande volte ad approfondire il tipo di organizzazione del centro, le relative figure professionali in esso operanti e i diversi servizi, sia pubblici sia privati, con cui il centro è in collegamento per realizzare le proprie attività. Sempre in questa sezione, sono contenute domande volte all’approfondimento della tipologia di fondi economici e dei diversi soggetti, istituzionali e non, che nell’ultimo anno hanno finanziato l’attività del centro;
2) il modello operativo del centro antiviolenza: in questa sezione vengono approfonditi i servizi erogati dal centro antiviolenza sia per le donne e i bambini accolti, sia per le figure professionali in esso operanti. Oltre ai servizi “di contrasto” alla violenza, volti a intervenire nel momento in cui il fenomeno si manifesta, si indagano anche le diverse azioni di prevenzione e sensibilizzazione realizzate dal centro antiviolenza, considerate nellaconvenzione di Istanbul come fondamentali per contenere la diffusione del fenomeno. La sezione, inoltre, prevede domande per capire se e in che misura i centri antiviolenza sviluppano un processo di riflessività delle pratiche attuate;
3) i percorsi di accoglienza e permanenza nel centro antiviolenza: in quest’ultima sezione sono contenute domande volte a ricostruire le diverse fasi e le relative attività in cui concretamente si realizza il progetto di fuoriuscita dalla relazione violenta che la donna affronta, fin dal primo contatto con il centro antiviolenza. A tal proposito è stato predisposto un set di domande che spaziano dalle pratiche di svolgimento dei colloqui di accoglienza all’analisi delle diverse modalità in cui possono declinarsi i percorsi di autonomizzazione personale e professionale che il centro costruisce con la donna.
Il questionario nella sua versione definitiva è stato poi informatizzato e reso accessibile per la compilazione online a 233 centri antiviolenza distribuiti su tutto il territorio nazionale. Al termine della rilevazione, prevista per il 30 giugno 2016, i dati raccolti saranno analizzati con l’obiettivo di far emergere una tipologia, ovvero una classificazione per tipi, dei diversi modelli di accoglienza attuati, differenziati in base alle caratteristiche presentate dai rispondenti e rilevati mediante l’uso di indicatori omogenei, che consentono di procedere con un’analisi di tipo comparativo.
È proprio la costruzione di questa tipologia che sembra adesso necessaria per individuare le reali possibilità offerte dal sistema dei servizi, e per interrogarsi in modo critico sulla questione. Conoscere i modelli di accoglienza dei centri antiviolenza consente di creare le condizioni per maturare una visione organica dei percorsi esistenti, porla in relazione con l’andamento del fenomeno in questione e sostenere, se necessario, un’inversione di tendenza, o comunque dei correttivi, nell’organizzazione delle forme di tutela sociale per le donne.
Fonte: inGenere.it – Barbara D’Amen (Dipartimento Scienze Statistiche – Sapienza Università di Roma)