ORA c’è la legge. Ma nasconde una beffa. Lo Stato, così come da anni chiede l’Europa, finalmente indennizzerà le vittime dei reati violenti dolosi. Ma prima di farlo andrà a vedere i loro guadagni: per sperare di vedere dei soldi, il danneggiato deve guadagnare poco se non essere povero in canna. Perchè, in ogni caso, il suo reddito non deve superare gli 11 mila 500 euro all’anno.
Era stata una causa pilota torinese a far esplodere il caso. Quella di Simona (il nome è di fantasia), una ragazza sequestrata e violentata per tutta la notte, il 16 ottobre del 2005, da due romeni. Per la prima volta, nel 2010, il tribunale civile di Torino aveva condannato la Presidenza del consiglio dei ministri a risarcirla dato che i suoi aguzzini, a cui erano stati inflitti 10 anni di carcere, erano latitanti. Una decisione emessa sulla scorta di una legge europea del 2004 che prevede che sia lo Stato a rifondere le vittime di reati violenti che non riescono ad ottenere il pagamento dei danni subiti, nel caso in cui chi dovrebbe pagare sia nullatenente o impossibilitato a risarcire.
La causa, seguita dagli avvocati Marco Bona e Francesco Bracciani, aveva segnato una svolta importante e al contempo sollevato un problema: l’Italia non si era mai adeguata alle direttive europee e non ha mai risarcito le vittime di stupri, omicidi e aggressioni violente. E mentre Simona aspetta ancora, da anni, i 50 mila euro stabiliti in sentenza, davanti alla Corte di giustizia europea si sta celebrando una causa proprio sull’inadempienza dell’Italia alle direttive europee. Ad aprile, l’avvocato generale aveva chiesto la condanna dello Stato italiano e si attende la sentenza che potrebbe vedere l’Italia condannata a pagare una maxi sanzione per aver lasciato cadere nel vuoto le esortazioni che fin dal 2011 la Commissione Europea le aveva fatto, affinchè adeguasse la propria legislazione alla direttiva comunitaria.
Ora, finalmente, dopo oltre 10 anni di inadempienza, l’ha fatto.
Il 30 giugno la Camera ha approvato in via definitiva la legge europea 2015-2016 che contiene, oltre ad altre norme, anche quella dell’indennizzo alle vittime di reati violenti. «Tuttavia, la nuova legge è lontanissima dal garantire la tutela voluta dal legislatore Ue – spiega l’avvocato Marco Bona, esperto in risarcimento del danno – le direttive comunitarie impongono agli Stati di garantire le vittime senza discriminazioni fondate sul reddito e con indennizzi giusti e adeguati, cosa che non viene invece realizzata dal Governo».
Leggendo il testo della nuova normativa salta agli occhi infatti l’articolo 12, che stabilisce le condizioni economiche delle vittime per poter avere accesso al risarcimento statale. Il reddito degli 11 mila e 500 euro, lo stesso previsto per il gratuito patrocinio, è la soglia imposta per chi ha subito una violenza. Nullatenente deve essere l’aggressore, ma anche, o quasi, la sua vittima.
“Il provvedimento – commenta ancora l’avvocato Bona – oltre costituire una disperata “toppa” all’inadempienza, rischia di avere ulteriori conseguenze: non farà che dare luogo a nuove cause anche davanti la Corte di Giustizia”.
Simona, all’epoca della sua aggressione, era una studentessa. Forse prima o poi, quando la Cassazione “scongelerà” la decisione che la riguarda in attesa della pronuncia della corte di giustizia europea, otterrà il suo risarcimento. Ma altre vittime rischiano di rimanere “all’asciutto” senza vedersi riconosciuto un diritto previsto per tutti i cittadini europei.
Fonte: torino.repubblica.it