A quando la par condicio degli stupri?

Oltre 2.300 stupri denunciati (senza contare il sommerso) da gennaio a luglio e la preoccupazione dominante è capire se sono italiani o stranieri. I feroci stupri di Rimini hanno messo in evidenza un paio di seri problemi, oltre a una pochezza generale: il primo è che abbiamo avuto conferma che esistono stupri e stupri, una cosa è stuprare una donna, altro è stuprare “una trans”, registrato dai media, e non solo, come evento secondario.

Il secondo è che lo stesso stupro sia stato trattato come un crimine marginale, rispetto a CHI lo ha commesso. La sensazione sgradevole è che il faro sia stato acceso non sulla donna che ha subito l’inimmaginabile, sul suo compagno brutalmente malmenato, sulla “trans” che ha subito lo stesso tremendo destino della turista polacca, ma sulla nazionalità degli stupratori.

Tra l’agitazione degli odiatori da tastiera, istigati dai capipopolo che non perdono occasione per demonizzare gli immigrati, e la preoccupazione dei politically correct che non vogliono fomentare ulteriormente il caos, la paura e l’odio sociale che connotano questi tempi bui. Tra le accuse dei primi alle femministe che “non prendevano parola trattandosi di immigrati” , oltre agli immancabili insulti e minacce a Laura Boldrini e il silenzio imbarazzato della politica, si è persa di vista la centralità (orribile) della questione: gli stupri alle due donne. Da qualsiasi etnia siano stati commessi.

Ad aumentare il raccapriccio è poi seguito il delirante post di un “mediatore culturale”, ovvero una figura che dovrebbe favorire l’inserimento degli immigrati, che ha scritto «Peggio ma solo all’inizio, poi la donna diventa calma ed è un rapporto normale». Questo commento gli è costato la sospensione dalla cooperativa Lai-Momo di Bologna, ma non basta. Quali competenze vengono richieste e verificate a chi svolge questo delicato lavoro?

In questi giorni sono poi seguiti una serie di stupri a donne di tutte le età, dai 16 agli 80 anni, e il Viminale per calmare gli animi (e il razzismo dilagante e i capipopolo) ha prontamente diramato un dossier per dimostrare che la maggior parte degli stupri sono a carico di italiani. Anche leggendo i numeri, agghiaccianti, in questo modo però non ci sentiamo rassicurate. Sapere che si calcolano almeno 11 stupri al giorno e che in quattro caso su dieci l’autore è straniero, no, non ci rassicura.

Il dato vero è che in dieci casi su dieci è un uomo.

Sarebbe stato invece auspicabile che venissero prontamente annunciate delle misure per arginare questo scempio, per prevenirle. Invece no, le donne in questa sfegatata propaganda politica tra chi usa gli immigrati e chi tenta di arginare il razzismo, sono solo delle comparse. Al massimo si dice che il problema è culturale. Allora la domanda è che cosa fa la politica, il governo, per cambiare una cultura radicata e profonda di dominio e di possesso, di svalorizzazione delle donne, che ancora oggi solo per il fatto di essere donne guadagnano meno degli uomini, che vengono uccise, una ogni due giorni, quando interrompono una relazione sentimentale, che vengono stuprate al ritmo di 11 al giorno (ma solo il 7% delle donne denuncia)?

Per ora è stato di fatto depenalizzato, o, per usare un eufemismo, drasticamente indebolito, il reato di stalking, che con la riforma del codice penale, in vigore dal 3 agosto, si estingue con un semplice risarcimento economico. Alla denuncia di Cgil Cisl Uil, che invocava un immediato intervento legislativo correttivo, era seguito l’impegno del ministro Orlando ad agire riconsiderando la punibilità a querela prevista nella legge del 2009. Una modifica sulla quale il governo sta intervenendo, ha detto il ministro a fine giugno. Nel frattempo è arrivato settembre. Ma niente si muove.

Fonte: 27esimaora.corriere.it

  • Aggiornato il 5 Settembre 2017