#MeToo, la campagna contro le molestie sessuali diventa virale

Lanciata dall’attrice Alyssa Milano su Twitter, in poche ore è stata condivisa da quasi mezzo milione di utenti. Un invito alle donne a non tacere sugli abusi subiti: “Non si tratta di un raro episodio. E’ una cultura malata. Uomini come Harvey Weinstein si trovano a ogni angolo”. Ma la controparte maschile fa mea culpa e in rete esplode l’hashtag #ihave, per confessare gli abusi commessi.

Era stato Woody Allen a parlare per primo del pericolo di “caccia alle streghe” nei confronti di Harvey Weinstein e degli uomini del mondo del cinema. Ma il regista, poi costretto a correggere il tiro, non aveva fatto i conti con le streghe vere. Quelle della serie tv cult: è stata infatti Alyssa Milano, una delle protagoniste di Streghe, a lanciare la campagna social #MeToo (“Anch’io”), invitando le donne a rompere il muro di silenzio sugli abusi subiti e a raccontare se erano capitati loro episodi simili a quelli riguardanti Weinstein: anche a me, “me too”, appunto.

A incoraggiarla, tra le varie voci che si sono levate contro il produttore, proprio la denuncia della co-star di Streghe Rose McGowan, tra le prime ad aver accusato Harvey Weinstein di molestie: lei stessa era stata attirata nella camera d’albergo del produttore cinematografico e invitata a fargli un massaggio o a osservarlo mentre faceva la doccia. Domenica sera, mentre si trovava a letto con i suoi bambini, Milano ha pubblicato l’appello su Twitter. “Se tutte le donne molestate sessualmente o violentate scrivessero ‘Me too’ come status, potremmo dare alle persone un senso della vastità del problema”, ha scritto.

In meno di 24 ore #MeToo è diventato un trend topic, twittato da quasi mezzo milione di persone. Anche altre celebrities hanno aderito alla campagna della collega: tra loro Lady Gaga, Patricia Arquette e Debra Messing. L’attrice di Daredevil, Rosario Dawson, ha commentato il fenomeno come “troppo dilagante”. In tante hanno risposto al tweet di Alyssa, quasi 60mila, o accompagnato l’hashtag ad aneddoti su storie personali spesso vissute durante l’adolescenza. Ma anche ricordi legati ad abusi su luoghi di lavoro o tra le mura domestiche, taciuti per anni o mai detti prima. “#MeToo quando prestavo servizio militare. Più di una volta. Sono stata in silenzio per proteggermi. Lo rimpiango ogni giorno” ha twittato una donna.

Le prime molestie, raccontano in moltissime, già da piccole, a scuola e poi all’università. “Da bambina, mi venne sollevata la maglietta davanti a tutti gli altri da un ragazzino che credevo fosse mio amico. Mi guardò, mi toccò e tutto il resto”. 

La campagna si è allargata anche a Facebook e a Instagram.  E qualche uomo ha iniziato a lasciare tracce di pentimento sui propri misfatti. Prima commentando le testimonianze di molestie con “I have” (l’ho fatto). Ben presto il comune mea culpa si è però trasformato nell’hashtag #ihave: due parole dal potenziale dirompente nell’universo maschile, in più occasioni sollecitato a esprimersi sull’argomento:

“Ho chiesto del sesso e poi l’ho fatta sentire colpevole per avermi detto no. Magari ho preso per sì un forse. Ho consumato la tossica cultura patriarcale dell’industria pornografica per il mio piacere momentaneo. Ho continuato con il sesso senza il tempo nè l’accortezza di capire se fosse realmente quel che volevo. Mi sono affidato tantissimo al lavoro delle donne perché mi insegnassero a essere un uomo migliore con loro. Ho tollerato ‘discorsi da spogliatoio’. Ho esercitato il mio potere di controllo in vari modi per ottenere quello che volevo. Non sono un uomo cattivo, non sono un bravo ragazzo, mi sto svegliando dentro a una cultura dello stupro e imparo ogni giorno cosa significa nutrire la vita anziché carpirla”. 

“Quando ero più giovane, e spesso di proposito, ho ignorato queste vicende. Mi sono comportato in maniera inappropriata e ho rivolto la mia rabbia e il risentimento che ne traevo verso le altre persone. In un sacco di modi: sia in maniera semplice, dando per scontato che qualcuno avrebbe voluto un abbraccio o facendo una battuta che sapevo avrebbe ferito, o in maniera molto più oscura molestando e persistendo con avance o con chi non mostrava interesse. Devo rifletterci e c’ho riflettuto e me ne dispiaccio ogni giorno, in ogni briciolo del mio essere. Ho chiesto scusa quando possibile, e intendo scusarmi una seconda volta quando me ne sarà data l’opportunità. #ihave e #MeToo non lo negano, ed è per questo che faccio costantemente la promessa di fare meglio e di essere migliore, e di ascoltare. E cambiare. Sono consapevole e riconosco il mio privilegio e sarò per sempre dispiaciuto per i modi in cui ho abusato in passato. Sentitevi liberi di condividere con me più modi per aiutare”.

L’idea dietro alla campagna, ha spiegato Alyssa Milano, è quella di portare il dibattito su Harvey Weinstein su un altro piano, ponendo enfasi sulle vittime anziché sui perpetratori delle violenze, offrendo una panoramica del numero impressionante di donne che continuano a essere molestate. L’attrice, amica della moglie del Mogul, la stilista Georgina Chapman, ha inoltre tenuto a precisare il motivo delle sue dichiarazioni “tardive”: “E’ a causa del mio affetto che non ho commentato pubblicamente finora. Per favore, non confondete il mio silenzio con nient’altro di diverso dal rispetto per una cara amica e per i suoi bellissimi bambini”. Il produttore è accusato di molestie su almeno 30 donne: tante anche quelle pagate per mantenere il silenzio. Questa vicenda ha portato all’espulsione di Weinstein dalla sua società e dall’Accademia degli Oscar, oltre che alla separazione dalla moglie.  

Campagne simili a #MeToo sono state lanciate in Francia (#balancetonporc) e in Italia (#quellavoltache). In entrambi i Paesi hanno raccolto un enorme successo.

Fonte: repubblica.it

  • Aggiornato il 18 Ottobre 2017