Se le aggressioni non sono frequenti e continue non c’è il reato di maltrattamenti in famiglia. Suona più o meno così la motivazione della sentenza choc che assolve dall’accusa un disoccupato di 41 anni che all’epoca dei fatti viveva a Collegno, alle porte di Torino. A pronunciare la sentenza e a motivarla è stata la giudice Maria Iannibelli della quinta sezione penale del tribunale di Torino.
Il magistrato parla di “atti episodici” avvenuti in “contesti particolari”. Per quei fatti il pm Dionigi Tibone aveva chiesto più di tre anni portando in tribunale un faldone di certificati medici per documentare le aggressioni dell’uomo nei confronti della compagna costretta a subire “continue aggressioni fisiche e umiliazioni morali” che le avrebbero causato “uno stato di prostrazione fisico e morale”. Proprio su questo punto la giudice contesta le motivazioni dell’accusa e accoglie la tesi della difesa sostenuta dall’avvocato Vincenzo Coluccio. “Non c’è collegamento tra i referti medici portati dall’accusa e le liti o le presunte aggressioni”, spiega il legale. E la giudice conferma: “Dall’esame della persona offesa e dei testi non è emersa una situazione tale da cagionare un disagio continuo e incompatibile con le normali condizioni di vita”.
La donna si è presentata in pronto soccorso nove volte in otto anni: una volta con una costola rotta, un’altra con il setto nasale fratturato ( anche se aveva detto di esserselo rotto in un incidente stradale) “Non tutti gli episodi sono riconducibili ad aggressioni da parte dell’imputato”, scrive Iannibelli nelle motivazioni della sentenza. Episodi che “la teste ha ricollegato genericamente a una lite ma non è stata in grado di fornire, a parte per l’ultimo, una descrizione dettagliata”. Per tutte queste ragioni questi fatti “non paiono riconducibili, proprio perché traggono origine da situazioni contingenti, a un quadro unitario di un sistema di vita tale da mettere la vittima in uno stato di prostrazione fisica e morale”.
Nessun maltrattamento in famiglia dunque, ma anche nessuna lesione come era stato chiesto in subordine dal legale che chiedeva l’assoluzione che è arrivata con formula piena: il fatto non sussiste. L’uomo è stato invece condannato a sei mesi, con sospensione condizionale della pena per altri due reati minori di cui era imputato: l’abbandono della casa familiare e il “mancato contributo al mantenimento dei figli minorenni”.
Fonte: torino.repubblica.it