L’Associazione delle Volontarie del Telefono Rosa Piemonte, in occasione della discussione del Disegno di Legge n.735 al Senato del 10 settembre 2018, ha redatto una lettera aperta al senatore Simone Pillon, primo firmatario dello stesso.
Telefono Rosa ha espresso perplessità sulle proposte e, nella lettera aperta, ha sottoposto alcune osservazioni con riserva di approfondimenti.
Il testo del Disegno delinea la concezione per cui “la famiglia è un’isola che il diritto può solo lambire” e a questa concezione seguono alcuni commenti sull’importanza della coordinazione genitoriale e della responsabilità decisionale condivisa in caso di separazione.
A tal fine, a più riprese, il ddl inserisce e centralizza il ruolo della Mediazione Familiare, definendone i termini e l’efficacia tramite studi internazionali. Molta importanza è data alle definizioni di co-parenting e joint custody e il tentativo è quello di rendere centrale soprattutto il benessere e l’equilibrio relazionale dei minori coinvolti.
Per quanto sia innegabile la necessità di una riformulazione delle dinamiche giuridiche, legislative ma anche – e soprattutto – sociali e psicologiche che costituiscono le situazioni di genitorialità, separazione, divorzio, e affidi, il Disegno di Legge sembra costituirsi su una visione incompleta delle situazioni relazionali e familiari complesse, quali quelle in cui sono presenti situazioni di violenza e/o disparità abitativa, finanziaria e/o occupazionale tra i coniugi a discapito delle donne.
La lettera di Telefono Rosa si interroga, e interroga direttamente il senatore Pillon, sul senso della bigenitorialità che risulta un valore nel momento in cui sia positiva, costruttiva,
collaborativa, e sia un terreno relazionale solido per i figli e figlie coinvolti, anche in caso di separazione tra i coniugi. A tal proposito, alcuni dubbi vengono esposti su quale sia il vero interesse del minore nel caso di un affido condiviso obbligatorio (se non in casi eccezionali), soprattutto se l’affido implica spostamenti continui e cadenzati in maniera che poco si adatta ai ritmi di vita del figlio o se la genitorialità precedente alla separazione fosse attuata in maniera poco consona, costante o manchevole.
Altri dubbi, sempre attorno al benessere del minore, vengono espressi sull’obbligo delle videoregistrazioni e della presenza dei genitori durante i colloqui e le interrogazioni legate al processo di separazione coniugale.
La lettera aperta, però, esprime soprattutto delle riserve nei confronti della mediazione obbligatoria. La stessa, definita in inglese ADR, Alternative Dispute Resolution, risulta obbligatoria in caso di separazione coniugale e completamente a carico dei coniugi in separazione.
Si esprimono, quindi, dubbi sulle tempistiche della separazione che con la mediazione obbligatoria potrebbero allungarsi e varie osservazioni delle volontarie su come la situazione finanziaria e lavorativa di molte famiglie, ma soprattutto di molte donne, possa rappresentare un deterrente nella richiesta di separazione, un processo complesso già di per sé (per le implicazioni psicologiche e relazionali che comporta) che in una situazione socio-economica delicata come quella attuale potrebbe appesantirsi ulteriormente.
Vi sono poi preoccupazioni su come la mediazione possa interporsi nelle situazioni di violenza familiare sulle donne.
La mediazione infatti implica una collaborazione paritaria che “nei casi di violenza è assente e irrealizzabile”, per la natura stessa delle dinamiche di violenza di genere; in questi casi addirittura i risultati delle ricerche internazionali sconsigliano la mediazione familiare, la quale implica colloqui in co-presenza che sono altamente rischiosi per il processo di fuoriuscita della donna dalla situazione di violenza. Alla luce di tutte queste considerazioni, anche il Cismai ritiene che la trasformazione in Legge del citato DDL segnerebbe un pericoloso passo indietro nel percorso di tutela dei minori e di rispetto dei loro diritti.
L’Associazione si dichiara disponibile per approfondimenti sulla lettera e sui punti delle riflessioni.
Si può leggere la lettera aperta completa qui.
Per il Centro Antiviolenza
Alessia Gramai