Roma, anche nella Capitale la Women’s March contro la violenza sulle donne

Si è tenuta anche a Roma la Women’s March che ha visto scendere in piazza in tutto il mondo, da Washington a Los Angeles a Parigi a Londra a New York, milione donne per una marcia, appunto, in difesa dei diritti fondamentali. La prima “edizione” della Women’s March si era tenuta nel 2017, dopo l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, con le donne in piazza per protesta pochissime ore dopo.

Quest’anno l’hashtag è stato #EndViolenceAgainstWomen (Basta con la Violenza contro le Donne) perché, come ha spiegato la Casa Internazionale delle Donne di Roma, “stiamo manifestando contro il patriarcato annunciando che, tramite il racconto delle nostre storie e l’uso del nostro voto, riaffermeremo la volontà di creare un mondo che sostenga e rappresenti le nostre rispettive identità, la giustizia sociale e i diritti umani che riguardano noi tutte/i”.

Le donne della Women’s March romana – organizzata da Elizabeth Farrenn e Gillian Taft del movimento americano – si sono ritrovate in piazza Santi Apostoli. Centinaia di migliaia le persone, come da programma, “di ogni età, colore, religione, gender e orientamento sessuale per celebrare l’eguaglianza, la diversità e il progresso”.

Ha aperto gli interventi Lella Palladino, presidente di Di.Re. (Donne in Rete contro la violenza), che ha parlato delle politiche di integrazione, dell’ondata di razzismo che ha colpito l’Italia e di come sia trasversale la violenza sulle donne. Sono poi intervenute Luisa Rizzitelli, giornalista e fondatrice di Rebel Network, Bo Guerreschi, fondatrice di Bon’t Worry e Loretta Bondì, del direttivo della Casa Internazionale delle Donne di Roma e di BeeFree. “Credo che chi governa l’Italia soffra di un’evidente incapacità di portare a termine le cose, di qualunque genere esse siano” ha detto Loretta Bondì. “Di soddisfare anche i diritti basilari. Il risultato di questa inabilità o, se credete, di questa negligenza, è chiaro a tutti: e neanche sono disponibili ad ascoltare. Sappiamo bene come non si possano combattere in maniera incisiva violenza, discriminazione, disparità e ingiustizia senza prima ascoltare coloro che ne sono più colpiti. Non abbiamo sentito da questa gente un onesto mea culpa, una presa di responsabilità. Al contrario penso che il vuoto di iniziative, di azioni, sia rimpiazzato soltanto da attacchi contro chi fa, come noi. Contro le organizzazioni e gli individui che lavorano ogni giorno per il bene comune”.

È poi intervenuta Luisa Betti Dakli, giornalista esperta di diritti umani, che fa parte di Giulia, una rete di giornaliste attive sui diritti delle donne: “Nel mondo ci sono 1 miliardo di donne vittime di violenza: in Italia 7 milioni. L’unica cosa che questo governo doveva fare era quella di implementare la Convenzione di Istanbul proprio contro la violenza, Convenzione ratificata qualche anno fa ma purtroppo non ancora applicata. E questo in un Paese in cui una donna viene uccisa ogni due giorni e dove il 70 per cento di quelle stesse donne aveva denunciato il partner violento”.

A presentare le due ore di “marcia” una donna italo-siriana; a inframmezzare gli interventi gli slogan letti e poi urlati dal palco e anche insieme alla piazza. Emozione tra la folla quando un ragazzo ha letto una sua poesia dedicata alle donne o quando un gruppo di donne di varie nazionalità ha cantato a cappella.

“È stata una grande festa per i diritti” ha detto una ragazza andando via, verso le 13.30. Una grande festa che ha lasciato a tutte le presenti un regalo da portare a casa: la certezza, come ha detto Luisa Betti Dakli, che “il movimento delle donne oggi è l’unico vero movimento internazionale vivo e attivo, l’unica vera chiave di cambiamento per un futuro libero dal fascismo e dal razzismo imperanti”.

Fonte: roma.repubblica.it

  • Aggiornato il 22 Gennaio 2019